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La mia rubrica personale

LA REFLESSOLOGIA PLANTARE parte 1

Quando massaggiamo un piede cosa stiamo toccando?

 

La reflessologia plantare

 parte 1

 

Abbiamo visto che la pelle è l’organo del contatto, avvolge tutto il nostro corpo ed è il limite tra il dentro e il fuori, tra noi e gli altri.

E il tatto è l’organo sensoriale di maggior estensione che, guarda caso, è associato al chakra del Cuore e quindi possiamo dire che ogni millimetro quadrato della nostra pelle porta in sé l’energia del Cuore.

TOCCARE è far passare L'AMORE attraverso la PELLE.

Voglio a questo punto, inserire qui una tecnica che mi sta molto a cuore. 

 

La reflessologia plantare

 

Un po’ di storia

La Reflessologia Plantare è una tecnica antica che ha origine dalla stimolazione di punti individuati sulla pianta del piede, a cui corrispondono organi e apparati del corpo umano.

Può essere definita una tecnica, un metodo, un’arte.

È una “tecnica” naturale, non invasiva, basata sulla digitopressione, attraverso il tipico movimento a “bruco” del pollice, di specifici punti, detti reflessogeni, situati sul piede; si fonda sul presupposto che questi punti, accomunati in zone, abbiano dirette correlazioni in tutte le parti del corpo; lo stimolo è finalizzato al recupero e al mantenimento dell’equilibrio energetico all’interno dell’organismo.

E’ “un’arte” che porta la persona a conoscere approfonditamente il proprio corpo, il proprio potenziale energetico, le proprie capacità di autogestione nelle situazioni in cui si presenta squilibrio delle energie intrinseche e connaturate di cui ogni organismo è dotato.

La reflessologia si configura come disciplina bionaturale e rientra, a buon diritto, nelle discipline complementari e integrative per il raggiungimento e il mantenimento dell’equilibrio organico. Non dannosa e priva di controindicazioni, aiuta la persona sia preventivamente che durante altri trattamenti e, pur avendo anch’essa dei limiti come tutte le altre discipline, può dare ottimi risultati se applicata correttamente da professionisti qualificati.

Il fine primario della Reflessologia è quello di far scattare i meccanismi che portano all’omeostasi, cioè a uno stato di equilibrio e di armonia all’interno dell’organismo. Il reflessologo è colui che insegna al nostro corpo a mettere in atto questi meccanismi attraverso la stimolazione dei punti riflessi situati sul piede, cui corrispondono i vari organi ed apparati del corpo umano.

La reflessologia considera quindi la persona nella sua completezza di mente, corpo, emozioni e spirito, e quindi mira ad agire sulla causa della disfunzione e del disequilibrio, piuttosto che limitarsi a sopprimerne i segni e i segnali corporei e mentali. All’interno di questo percorso diventa altresì importante la relazione interpersonale fra il reflessologo e la persona trattata, come valore aggiunto di un trattamento finalizzato al benessere.

Non è una tecnica originaria dell’Oriente, come si è sempre creduto, ma ci sono prove che abbia radici sia in Oriente che in Occidente, sia in Africa che in America; ci sono segni e prove palesi che molti popoli antichi (parliamo di 5000 anni a.C.) fossero a conoscenza della possibilità di agire sui nostri organi interni attraverso i piedi.

In Italia e nell’Europa centrale, si iniziano a trovare notizie dal 1.500 in poi.Dalla fine del 1.800 inizia a suscitare sempre più attenzione, anche perché i pionieri della moderna reflessologia sono medici.

Nel 1912 questa tecnica viene riportata all’attenzione del mondo occidentale da William M. Fitzgerald, otorinolaringoiatra, nato negli Stati Uniti, che lavorò a Londra e a Vienna. Le sue osservazioni e scoperte su certi effetti, soprattutto analgesici, ottenuti esercitando delle pressioni in punti ben precisi delle mani e dei piedi, diedero l’avvio a quella che è oggi la moderna reflessologia.

Nel 1917 Fitzgerald pubblicò un libro molto interessante sulle sue scoperte, intitolato: “Terapia zonale, come alleviare il dolore a casa propria”. Non ebbe molto successo nel mondo medico, tranne che per il Dott. J. Riley e per la sua assistente Eunice Ingham che approfondirono il lavoro di Fitzgerald mettendo in rapporto i punti sensibili dei piedi con l’anatomia dell’organismo, e tracciando una prima mappa delle zone del piede posti in relazione con gli organi del corpo umano. Da una prima fase sperimentale si passò ad un assetto tecnico e sistematico e, con poche modifiche, tale mappa è giunta fino a noi.

In Europa la tecnica reflessologica si è consolidata intorno al 1960 grazie all’opera di alcune allieve della Ingham, come Hanne Marquardt in Germania e Doreen Bayly in Gran Bretagna.

In Italia la Reflessologia viene introdotta da Elipio Zamboni, massofisioterapista e fisioterapista diplomato in Reflessologia nel 1974 presso la scuola di Hanne Marquardt. Elipio Zamboni nel 1987 fonda la Federazione Italiana Reflessologia del Piede, che si propone di promuovere lo studio, la diffusione, lo sviluppo e la ricerca della reflessologia plantare. La sua opera ha contribuito a gettare le basi della Scuola Triennale di Reflessologia Plantare (presso la quale mi sono diplomata nel 2002) con sedi in diverse città italiane.

La reflessologia considera quindi la persona nella sua completezza di mente, corpo, emozioni e spirito, e quindi mira ad agire sulla causa della disfunzione e del disequilibrio, piuttosto che limitarsi a sopprimerne i segni e i segnali corporei e mentali. 

So già che la prima domanda che vi starete ponendo è: ma si dice reflessologia o riflessologia? Domanda lecita fatta sempre dai miei allievi in tutti i corsi da noi tenuti (noi, perché anche Emilio Leorin è stato il mio docente del primo anno nonché direttore della nostra Scuola triennale di Pordenone).

Tranquilli, il significato è lo stesso. Ciò che cambia è la filosofia. 

Le parole sono composte da re-flecto in latino e λογοσ logos, discorso in greco. L'etimologia della parola “riflesso” deriva dal latino reflectere, dove re significa “ripetere un’azione” e flecto “curvare, piegare”, pertanto reflectere vuol indicare il rimandare indietro qualcosa. Con il passaggio dal latino al volgare, all’attuale italiano, la parola reflexus, participio passato di reflectere, si è trasformata da reflexo a riflesso.

Nel prossimo articolo entreremo nella parte pratica della reflessologia.

Seguitemi se volete approfondire il discorso!

 

Ci vediamo il prossimo mercoledì 

  

 

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